Socrate e Zhan Zhuang

Riccardo Degni, esperto in informatica e studioso di fisica quantistica e storia, dopo le sue innumerevoli ricerca ci mostra una correlazione interessante tra Socrate e Zhan Zhuang:

Nei miei 2 anni di pratica di varie arti marziali (Wing Chun e Jeet Kune Do in particolare),  non mi sono mai sentito del tutto soddisfatto.

Oltre alle forme codificate, alle nozioni tecniche, all allenamento cardio-fitness e agli scambi coi compagni nelle pratiche di contatto sensibile – come il ChiSao – pensavo non esistesse nulla di più.

In qualità di ricercatore, studioso della fisica classica e della meccanica quantistica, di materie olistiche e di sviluppo del potenziale umano, ciò che realmente cercavo era un percorso completo a 360 gradi, che comprendeva oltre a quello marziale , anche l’aspetto terapeutico, l’aspetto teorico-funzionale  e l’aspetto salutistico dell’arte.

Da 5 mesi ho intrapreso il percorso di studio delle Arti Interne della scuola B.Y.T.C. , che ho scoperto in maniera del tutto automatica e causale dopo mesi di ricerche personali, con l Istruttore di Yiquan Zhan Zhuang B.Y.T.C Roberto Crotti.
In questi primi mesi di studio e pratica , grazie a Roberto, ho capito cosa siano realmente le Arti Interne Cinesi , in che modo possono trasformare il corpo di un essere umano e quali qualità possono concretizzare all’interno del suo spirito. La parte veramente affascinante è che il percorso in questione non è assolutamente statico e ripetitivo , ma evolve in una parabola crescente , all’unisono con la mente, il corpo e lo spirito del praticante.

I miei anni di studi nell’ambito della fisica classica e quantistica mi hanno aiutato nel comprendere ancor meglio l’incredibile vastità che la pratica dello Zhan Zhuang ricopre, ma mai nella vita mi sarei immaginato che esistessero principi di questo tipo in grado di evolvere in maniera esplosiva l’essere umano nella sfera spirituale, mentale e marziale (fisica, tecnica e strutturale).
Ora capisco meglio cosa intendesse dire Einstein quando dichiarò che per tutto ciò che era riuscito a scoprire e divulgare doveva ringraziare 1000 volte ogni giorno i suoi predecessori (ricercatori e scienziati delle generazioni precedenti), e l’immenso bagaglio conoscitivo che avevano lasciato in patrimonio all’umanità.

Chiunque abbia scoperto, plasmato e tramandato i principi dell’Arte Interna è un  vero genio, ed io sono onorato di poter studiare e praticare questi principi, grazie al lavoro di vita di Master Davide De Santis prima, e del mio Istruttore Roberto successivamente.

Sullo Zhan Zhuang è già stato scritto molto e questo blog è ricco di informazioni di alta qualità sulla sua teoria e pratica.

Ciò che però mi ha impressionato maggiormente, è stato scoprire nelle mie ricerche personali, come il principio dello Zhan Zhuang sia stato oggetto di pratica di illustri figure del passato. Una su tutte, Socrate, uno dei filosofi più conosciuti e apprezzati nella storia dell’umanità, i cui insegnamenti sono senza spazio e senza tempo, fonte di studio e ricerca contemporanea. 

Tutti conoscono Socrate in quanto filosofo, ma non tutti conoscono le sue qualità combattive, strategiche e spirituali, che superavano di gran lunga quelle degli uomini “comuni” della sua epoca.

Il suo allievo Platone, in molte delle sue opere più famose, cita le pratiche particolari e “curiose” cui era solito Socrate, con enorme ammirazione per quest’ultimo. Queste pratiche assomigliano in maniera spaventosa alla tecnologia del Zhan Zhuang dell’Arte Interna Cinese.
Vediamo, prima di tutto, nel Convito:

“E dell’atteggiamento strano e curioso di Socrate parla Platone nel Convito. Nel recarsi con Aristodemo al convito di Agatone, Socrate, sentendosi dominare da una strana forza, “andava pe rla strada restando via via indietro tutto rivolto a se stesso,” finché, completamente afferrato da una strana condizione che tutto lo pervade, si toglie dal trambusto di una via “per mettersi nel vestibolo della casa vicina dove se ne sta in piedi immobile.” I convitati mandano un servo a chiamarlo, ma Aristodemo interviene dicendo: “Eh no, lasciatelo stare. È un’abitudine sua. Avviene spesso che si fa in disparte e se ne sta li immobile. E ciò in qualunque luogo. Verrà fra poco, ne sono sicuro. Non lo disturbate, lasciatelo stare piuttosto.” Che cosa faccia Socrate, Platone non lo dice; si limita ad ascrivere questa curiosa abitudine alla sus nota atopia, un termine che se topos vuol dire luogo, non dovremmo tradurre con “stranezza” o “curiosità,” ma con dis-locazione (àtopos). La filosofia infatti, porta fuori dal luogo (tòpos) dove solitamente si svolge la vita, crea uno stato di sospensione in cui spazio e tempo perdono estensione e durata. Estranea all’ordinato scorrere della quotidianità, la filosofia è àtopos, è fuori luogo.”

Sebbene ignaro delle fondamenta della pratica di Socrate, Platone tenta di descriverla come “dislocazione”, uno stato di sospensione spazio-temporale. Nello Zhan Zhuang infatti, non è importante la quantità di tempo o resistenza fisica, quanto il rapporto del tempo in relazione all’intensità ed alla corretta applicazione della pratica stessa, principio di basilare e fondamentale importanza per ottenere risultati significativi.

Un riferimento ancor più chiaro e netto lo troviamo nel Simposio, sempre di Platone.
Quest’ultimo descrive come Socrate, nel mezzo della battaglia di Potidea, stette per 24 ore(!) in piedi, fermo immobile a meditare, ammirato da tutti i soldati che lo guardavano incuriositi.

“Ma quello che ancora compì e sopportò quell’uomo forte” un giorno, laggiù, durante quella campagna militare, vale la pena di essere ascoltato. In quell’occasione, tutto preso da qualche pensiero, era rimasto fin dall’alba fermo in piedi a meditare e, siccome la soluzione tardava a venire, non desisteva, ma se ne stava così, immobile, continuando a riflettere. Era già mezzogiorno, gli uomini lo notavano e, pieni di meraviglia, dicevano l’uno all’altro: “Dalle prime ore del giorno Socrate è là in piedi, tutto intento in qualche sua meditazione”. Alla fine, fattasi sera, alcuni Joni, avendo dopo cena trasportato all’aperto i loro giacigli – allora infatti era estate – univano al piacere di dormire al fresco la possibilità di sorvegliare Socrate per vedere se, tutta la notte, sarebbe rimasto così, in piedi. Ebbene, lui se ne stette fermo in questo modo fino all’alba e alla levata del sole. Poi si mosse e se ne andò, dopo aver fatto la sua preghiera al sole. “

Le parole dell’epoca non erano raffinate ed elaborate come quelle odierne, e sebbene la pratica di Socrate venga definita “meditazione”, tutte le persone, compreso Platone, non riuscivano a spiegare la motivazione dell’immobilità eretta e prolungata di Socrate, ne cosa realmente accadeva in quel lasso di tempo.

Tuttavia, lo stesso Platone fa un riferimento netto al vigore (fisico e mentale) acquisito da Socrate al termine di quelle “meditazioni”, una qualità che lo rendeva temuto dai nemici e rispettato dagli amici:

E ancora, o amici, valeva la pena di vedere Socrate quando l’esercito, in fuga, si ritirava da Delio. Il caso volle che mi trovassi vicino a lui, io a cavallo, e lui con le armi indosso: essendo ormai dispersi gli uomini egli si ritirava con Lachete. In quell’occasione, ancor meglio che a Potidea, potei osservare Socrate in azione, perché avevo meno da temere, essendo a cavallo: innanzi tutto superava di gran lunga Lachete per presenza di spirito; secondariamente avevo la netta impressione, Aristofane, per usare un’espressione tua, che egli camminasse in quel luogo proprio come suole circolare in città, “a testa alta e gettando occhiate oblique” guardando tranquillamente i movimenti degli amici come quelli dei nemici e mostrandosi a tutti, anche da molto lontano, come un uomo che si sarebbe difeso con grande vigore se qualcuno avesse deciso di attaccarlo. Così si ritiravano con sicurezza sia lui che il suo compagno: perché chi ha simile disposizione d’animo in guerra non viene neppure toccato, mentre si inseguono quelli che fuggono disordinatamente.”

Alcibiade, un altro grande ammiratore di Socrate, lo descrive cosi:

“Nonostante l’età piu avanzata, Socrate appariva molto più solido e resistente rispetto agli altri soldati. Poteva camminare scalzo sul terreno congelato, mentre i soldati si riparavano con calzature molto resistenti, nel gelido inverno si muoveva con addosso la sua consueta mantella grigia di leggero cotone, quando le provviste erano carenti sembrava impervio alla fame, non era dipendente dall’alcol, ma poteva bere più di chiunque altro senza esserne in alcun modo compromesso. E sul campo di battaglia appariva senza paura alcuna.”

Dalle testimonianze è evidente che la “meditazione” di Socrate non era una mera meditazione psicologica, analitica o razionale, ma agiva su tutto l’essere cambiando e fortificando le sue caratteristiche non solo caratteriali e spirituali, ma anche fisiche e combattive.

Ulteriori ricerche mi hanno portato a scoprire che ciò che era solito praticare Socrate era una sorta di “ginnastica esoterica” chiamata in greco antico Artemis Pyx, pratica raffinatissima e sconosciuta ai più, per aumentare drasticamente il vigore spirituale, la presenza e le qualità fisiche, la lucidità mentale, e il controllo della situazione.
Come Socrate sia riuscito ad entrare in confidenza coi principi del Zhan Zhuang, non è dato sapere, ne è dato sapere se è più antico l’Artemis Pyx, o se è più antica la conoscenza del Zhan Zhuang stesso, o ancora se entrambe descrivono la stessa identica tecnologia identificata con terminologie differenti, greca e cinese.

Tuttavia, erano ben conosciuti e visibili gli straordinari effetti della pratica stessa sul corpo e sull’essere di Socrate, tanto da essere, come abbiamo visto, citati più volte nelle opere dei suoi allievi.